lunedì 13 novembre 2006

Sufismo II Capitolo ( Definizioni )

Diverse sono le versioni etimologiche a cui si fa risalire l’origine della parola sufismo " tasawwuf ”.
Una è che derivi dalla parola “ suf ”, che indica la veste di lana bianca, indossate dai primi mistici in segno di umiltà.
La seconda versione è propensa verso il vocabolo suffa, che sta ad indicare il "portico" antistante la casa-moschea di Muhammad a Medina, sotto il quale si raccoglievano alcuni pii musulmani, ospitati volentieri dal Profeta per la loro povertà che s'accompagnava a un atteggiamento assai pio.
La terza ed ultima versione etimologica, la fanno risalire termine all'arabo “ safâ “, il cui significato è di doppia valenza, uno riferito alla “ purezza “, l’ altro alla collocazione dei Sufi, in prima fila (saff-i awwal), cioè al cospetto di Dio.

È doveroso segnalare che i saggi di quell’ epoca non hanno mai voluto dare una spiegazione sulla provenienza della parola sufi, che per altro ebbe una diffusione rapidissima.
Martin lings fa notare che: “ la difficoltà che si è sempre avuta per spiegarla non è minore dei suoi vantaggi, dato che per i più lo stesso sufismo è per natura quasi un enigma e quindi come tale richiede un nome parzialmente enigmatico”.

Nel secolo X i Kitāb, cioè i trattati sulla dottrina e sugli uomini, specialmente i più antichi come quelli di Al-Hujwîrî, Nasr Sarrâj e Kalâbâdhî, si propongono tuttavia di raggruppare le associazioni di idee che la parola sufi richiama.
I Kitāb sonoi una specie di esposizione delle sentenze degli antichi maestri: a fianco della definizione basata sull’ uso della veste di lana troviamo anche quella secondo cui i sufi sarebbero stati chiamati così perché,davanti ad Allah, sono in prima fila ( saff ); altri dicono che è perché vivono come i primi discepoli del Profeta, “ gli uomini del seggio “ ( Ahl al-suffa ); altri affernano che è per la purezza (safâ ) del loro essere intimo, o ancora perché rappresentano il fior fiore ( safwa ).
Ecco le definizioni prese da quei trattati:

“ Il sufi è colui che Allha ha scelto per Se stesso e che Egli ha trattato con affetto, liberandolo della sua
anima egoista e risparmiandogli da allora ogni sforzo e obbligo in vista di un motivo personale “
( Budâr Ibn Husayn)

“ Il sufi è colui che quando parla riflette nel linguaggio la realtà del suo stato, cioè non dice nulla che non è,
e quando tace la sua condotta mostra il suo stato, e il suo proclama di avere spezzato i legami con questo
mondo “ ( Dhu’ l Nûn l’ Egiziano )

“È colui che ha vestito di lana la sua purezza, che ha fatto gustare ai suoi desideri personali il sapore della
privazione e che, avendo lasciato alle sue spalle questo basso mondo, ha seguito la via dell’ Eletto “
( Abû ‘Alî Rûdhabâri )

“ Il sufismo è la rinuncia a tutti i piaceri egoistici “. O meglio: “È abbandonare tutto ciò che ci lusinga l’
anima
“. E ancora: “ Il sufi è colui che non possiede nulla e che non ha posseduto nulla “.
(Abû‘ l Hassan Nûrî )

“ Ogni comunità ha un gruppo scelto, un deposito prezioso di Allah che Egli ha nascosto alle sue creature, e
se ne è uno in questa comunità, è quello sufi “ ( Da Yûsuf Ibn-Hussayn )

“ Il sifi è colui che è puro da tutto quanto turba, che è pieno di meditazione, che si è ritirato dagli uomini per consacrarsi ad Allah, e per il quale oro e argilla si equivalgono “. ( Sahl Ibn Abdâllâh Tustarî ).

In realtà i sufi, quando parlano di se stessi, usano raramente questa parola: si richiamano alle qualità che li caratterizzano.
Tra queste , le più ricorrenti sono: i pellegrini ( sayyâhûm ), gli estranei ( ghurabâ ), i famelici ( jaw’ iyya ), quelli di cuore illuminato ( nûriyya ), e poi la qualifica più diffusa derivante dalla rinuncia ai beni terreni e a tutti i desideri: i poveri, i fuqarâ in arabo, darvîsh in persiano, parole poi tradotte dai fachiri e dervisci.

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