martedì 14 novembre 2006

Al Hallâj ( Mistico Persiano n: Persia merd. 858 ca. – m: Bagdad 922 )


Il Tuo spirito s'è mischiato col mio

come vino coll' acqua pura.

Se qualcosa Ti tocca, mi tocca,

Tu sei me, in ogni stato.

lunedì 13 novembre 2006

Sufismo I Capitolo ( La Natura del Sufismo )

Prima di parlare del sufismo, credo che sia doveroso fare, se pur in modo superficiale e nozionistico, una panoramica sulla differenziazione del mondo musulmano, abbiamo:

Sunniti, che sono la grande maggioranza in quasi tutti i paesi islamici,

seguiti dai

Sciiti, che costituiscono la minoranza più consistente (circa il 10%). Essi si richiamano all'eredità di ‘Alī ibn Abī Tālib, cugino e genero di Muhammad, e dei suoi figli al-Hasan b. ‘Alī e, più in particolare, di al-Husayn b. ‘Alī.

Gli sciiti si dividono a loro volta in:
un gruppo maggioritario (duodecimano, o imamita o ithna'ashariyya),
un gruppo minoritario (ismailita, o settimano o sab‘aiyya)
un gruppo ancor più esiguo, detto "zaydita", che teorizza la possibilità che a guidare legittimamente la Comunità Islamica (Umma) possa essere qualsiasi discendente del Profeta purché questi agisca concretamente contro i musulmani reprobi, con deciso impegno militante e che non si abbandoni a un comodo quietismo limitandosi a un'attività puramente teoretica.

Dominante in Persia, lo sciismo è maggioritario in Iraq, in Libano e in Bahrein.

Gruppi di ismailiti sono presenti in India

Lo Zaydismo è prevalente in Yemen.

I kharigiti, un tempo abbastanza diffusi, specialmente in Nordafrica, Iraq e Penisola Araba, si dividevano in numerosi sottogruppi - sufriti, Azraqiti, Najjadāt, Nuqqariti - di cui sussistono solo gli: Ibaditi

Di derivazione islamica ma considerati eterodossi sono invece:

Gli Alawiti, appartenenti a una setta minoritaria d'ispirazione sciita ma con forti tratti gnosticheggianti. Esprime il gruppo dirigente in Siria fin dall'epoca del Presidente Hāfiz al-Asad.

I Drusi, sorti in età fatimide, all'epoca dell'Imàm al-Hākim e presenti in Libano, nella regione montagnosa dello Shūf, in Siria (Golan, Gebel Druso) e Israele.

Gli Ahmadiyya di Qadian (India settentrionale)

I Lahore (Pakistan), fondata da Mirza Ghulam Ahmad.

I Bahá'í, a loro volta gemmati dal Babismo, costretti dalla Rivoluzione Islamica dell'Iran a rifugiarsi in India e in Occidente (soprattutto Canada e Stati Uniti). Sono considerati tuttavia appartenenti a una religione completamente distaccata dall'Islam, e non una sua setta.

L' Ahl-e Haqq.

Conclusione, credo che sia proprio il caso di affermare che la religiosità o spiritualità, comunque la si voglia definire, quando diviene fonte di speculazione umana, questa inevitabilmente subisce una trasmutazione negativa erigendosi a sistema religioso.

Ricordate il detto “ il matrimonio è la tomba dell’ amore”, beh!, credo che “le religioni siano la tomba della spiritualità”, ma non sono qui per parlare di questo, ma bensì del sufismo , che se pure non immune da differenziazioni, queste non sono mosse da primati di discendenza o da diverse forme rituali, ma come vedremo più avanti sono d’attribuire solo ai diversi modi spirituali nel porsi dinnanzi ad Allâh.

Il sufismo è un mondo di alta ricchezza spirituale e culturale, poco conosciuto e poco amato poiché schivo dai giochi umani, non a caso i Sufi non sono ben visti, gran parte del mondo mussulmano, così attento politicamente, economicamente ed ideologicamente e così distratto spiritualmente.

Andando oltre a queste mere e camuffate vicende umane, c’ è da dire che l’ atteggiamento religioso che sta alla base dell’islam è la sottomissione all’ onnipotenza d’ Allâh ed il riconoscimento dell’Unità divina ( al- tawhîd ) ne è l’espressione essenziale, sia essa rivelata dalla Legge cranica o derivata da una realizzazione interiore personale.

L’islam non differente ad altre religioni, ha due aspetti:

L’ aspetto esteriore ch’è costituito dalla Legge rivelata ( sharî ‘ a ) che si occupa dell’osservanza dei riti e degli atti di devozione.

L’ aspetto interiore ( al- tasawwuf ) , che esiste grazie al sufismo, che ha lo scopo di purificazione del cuore di chi lo pratica affinché costui si confonda con Allâh.
Il sufismo è detto anche la “ verità “ ( haqîqa ) ed è nato alla fine del primo secolo dall’ egira ( VIII secolo d.c. ) ed è vivo ancor oggi, sebbene in certi periodi della sua storia sia stato messo al bando.
Tutti i musulmani credono nell’ Unità, cosi come espressa nel Corano, impregnando tutte le forme della dottrina e della pratica religiosa, ma ciò che distingue il sufi dal normale credente è il desiderio di liberarsi dal mondo della molteplicità senza indugio, guardando all’ essenza della legge, ma al tempo stesso la supera.
Il sufi “ ha il corpo in se, nel senso, che può condurre alla conoscenza immediata dell’eterno” (Titus Burckhardt)


Il sufismo, lo si può considerare come la via interiore dellì Islam, poiché attraverso le esperienze personali tende a favorire un ravvicinamento dell’essere e della Realtà estrema, con il fine di poter accedere alla coscienza di tale realtà, cioè annientarsi o fondersi con essa.

Tutti i metodi sufici d’ iniziazione vanno in questa direzione; ed è qui che l’ islamismo raggiunge le vie della realizzazione che si trovano nelle altre religioni e “vie”: induismo, taoismo, mistica cristiana, buddismo ecc.
E’ ovvio che il camino seguito non è lo stesso, ma la finalità è comune.

Il sufismo è la via induttiva cioè conduce dall’ individuale all’ universale, dal mondo delle apparenze all’Unità, come del resto avviene per l taoismo mistico, per il Vedanta nell’ induismo ecc. , quindi si può affermare che in pratica il sufismo contempla due grandi campi principali: quello delle verità universali e quello della realizzazione dell’ uomo attraverso i vari gradi della vita.

Il primo campo comprende i punti della dottrina e la conoscenza che se ne può avere, questo aspetto metafisico aspira a farci comprendere qual è la natura della Realtà e quale il posto dell’ uomo in essa, ma questo non è volto ad ottenere una conoscenza teorica delle cose quanto di averne l’ intuizione o la certezza.

L’ organo che agisce è il cuore, al di là, della ragione, e la visione della realtà e quindi una visione del cuore, quindi c’è uno stato dinamico d’interdipendenza e d’intersecazione tra l’uomo e la Realtà e la metafisica è sempre concepita secondo l’ottica della via e della realizzazione spirituale.

Il secondo campo è il ruolo del sufismo di condurre l’ uomo allo stato di santità, cioè di interezza e purezza perfetta, dove l’ uomo diviene il protagonista più universale e più completo del mistero divino e ricordandogli costantemente quello che egli è, attuando in lui una trasformazione progressiva che gli permette di staccarsi dal mondo fisico.
Tale trasformazione evolutiva-spirituale opera su diversi piani, come affermano: Léo Schaya, Seyyed Hossein Nasr ed altri, per esempio il piano cosmologico, escatologico e psicologico, anche se, in fine la realizzazione è sempre la stessa, qualunque sia la maniera di esprimerla e il piano in cui agisce, in quanto è il cuore che brucia d’amore, la personalità che abbandona l’ego e tutti i legami sensibili, rafforza quel legame dell’ uomo con Allâh.

“sono divenuto Colui che amo e Colui che amo è divenuto in me” ( al-Hallâj, il più grande mistico del X sec.

Inoltre c’è da aggiungere che il cammino dell’ adepto ch’è intento ad arrivare al grado di purificazione non può esimersi dal rispetto della legge e dalla pratica religiosa essoterica, in quanto l’ iniziazione è un metodo, dove i
neofiti devono seguire una guida, considerato il rappresentante della “ catena “ che risale fino al Profeta.


I metodi d’ iniziazione sufica sono diversi, di conseguenza costituiscono diverse vie “ tarîqa “ed ognuna delle quali deriva dall’ esperienza di un grande maestro storico, iniziatore della “ confraternita “, queste corrispondono alle varie “ vocazioni ” manifestatesi , e pongono i discepoli in un rapporto molto stretto, da una parte con le guide immediate, dall’altra con tutta la “ catena “ dei maestri che hanno condivisi la stessa scuola. C’è da sottolineare che tutte queste vie sono tutte inserite nell’ insieme del sufismo e mirano al medesimo scoppo, differendo solo in alcuni punti di dottrina e riti osservati.
Nessuna respinge gli obblighi della legge, di conseguenza non si determina una scissione all’ interno dell’ Islam con il sufismo.
Il discepolo, lungo tutto il suo itinerario spirituale, cerca di acquistare le “ virtù “ che devono operare in lui la “ trasformazione “ spirituale.

“ queste virtù cardinali costituiscono una maniera di essere la Verità, come la dottrina è una maniera di conoscerla” ( Éva de Vitray-meyerovitch)

Per avere queste virtù il discepolo passa per tutta una serie di tappe che variano per numero e qualità secondo i maestri e le tarîqa:

- un certo grado di comprensione, o una presa di coscienza dell’ Unità divina

- una realizzazione in atto consistente nella progressiva rinuncia davanti alla divinità. È chiamata la “ povertà spirituale “ (al-faqr) e contiene di fatto tutte le virtù
- un’ integrazione affettiva basata sul dono della grazia e dell’ amore, che trova sostegno nella invocazione di Allah ( dhikr ) e nella concentrazione della mente
- un adempimento che, sul piano della dottrina, è l’ unione con Allah e sul piano umano la scoperta del tesoro nascosto, celato nel più profondo della persona.

Muhyîddîn ibn Arabī ( Andalusia 1165 - M. Damasco 1240 )

Chi lo desidere e si fa guidar dalla ragione,
nei pascoli dello stupore si trastulla.
Nell' illusione il suo intimo s' intorbita,
e stupefatto si chiede s' Egli esista

Sufismo II Capitolo ( Definizioni )

Diverse sono le versioni etimologiche a cui si fa risalire l’origine della parola sufismo " tasawwuf ”.
Una è che derivi dalla parola “ suf ”, che indica la veste di lana bianca, indossate dai primi mistici in segno di umiltà.
La seconda versione è propensa verso il vocabolo suffa, che sta ad indicare il "portico" antistante la casa-moschea di Muhammad a Medina, sotto il quale si raccoglievano alcuni pii musulmani, ospitati volentieri dal Profeta per la loro povertà che s'accompagnava a un atteggiamento assai pio.
La terza ed ultima versione etimologica, la fanno risalire termine all'arabo “ safâ “, il cui significato è di doppia valenza, uno riferito alla “ purezza “, l’ altro alla collocazione dei Sufi, in prima fila (saff-i awwal), cioè al cospetto di Dio.

È doveroso segnalare che i saggi di quell’ epoca non hanno mai voluto dare una spiegazione sulla provenienza della parola sufi, che per altro ebbe una diffusione rapidissima.
Martin lings fa notare che: “ la difficoltà che si è sempre avuta per spiegarla non è minore dei suoi vantaggi, dato che per i più lo stesso sufismo è per natura quasi un enigma e quindi come tale richiede un nome parzialmente enigmatico”.

Nel secolo X i Kitāb, cioè i trattati sulla dottrina e sugli uomini, specialmente i più antichi come quelli di Al-Hujwîrî, Nasr Sarrâj e Kalâbâdhî, si propongono tuttavia di raggruppare le associazioni di idee che la parola sufi richiama.
I Kitāb sonoi una specie di esposizione delle sentenze degli antichi maestri: a fianco della definizione basata sull’ uso della veste di lana troviamo anche quella secondo cui i sufi sarebbero stati chiamati così perché,davanti ad Allah, sono in prima fila ( saff ); altri dicono che è perché vivono come i primi discepoli del Profeta, “ gli uomini del seggio “ ( Ahl al-suffa ); altri affernano che è per la purezza (safâ ) del loro essere intimo, o ancora perché rappresentano il fior fiore ( safwa ).
Ecco le definizioni prese da quei trattati:

“ Il sufi è colui che Allha ha scelto per Se stesso e che Egli ha trattato con affetto, liberandolo della sua
anima egoista e risparmiandogli da allora ogni sforzo e obbligo in vista di un motivo personale “
( Budâr Ibn Husayn)

“ Il sufi è colui che quando parla riflette nel linguaggio la realtà del suo stato, cioè non dice nulla che non è,
e quando tace la sua condotta mostra il suo stato, e il suo proclama di avere spezzato i legami con questo
mondo “ ( Dhu’ l Nûn l’ Egiziano )

“È colui che ha vestito di lana la sua purezza, che ha fatto gustare ai suoi desideri personali il sapore della
privazione e che, avendo lasciato alle sue spalle questo basso mondo, ha seguito la via dell’ Eletto “
( Abû ‘Alî Rûdhabâri )

“ Il sufismo è la rinuncia a tutti i piaceri egoistici “. O meglio: “È abbandonare tutto ciò che ci lusinga l’
anima
“. E ancora: “ Il sufi è colui che non possiede nulla e che non ha posseduto nulla “.
(Abû‘ l Hassan Nûrî )

“ Ogni comunità ha un gruppo scelto, un deposito prezioso di Allah che Egli ha nascosto alle sue creature, e
se ne è uno in questa comunità, è quello sufi “ ( Da Yûsuf Ibn-Hussayn )

“ Il sifi è colui che è puro da tutto quanto turba, che è pieno di meditazione, che si è ritirato dagli uomini per consacrarsi ad Allah, e per il quale oro e argilla si equivalgono “. ( Sahl Ibn Abdâllâh Tustarî ).

In realtà i sufi, quando parlano di se stessi, usano raramente questa parola: si richiamano alle qualità che li caratterizzano.
Tra queste , le più ricorrenti sono: i pellegrini ( sayyâhûm ), gli estranei ( ghurabâ ), i famelici ( jaw’ iyya ), quelli di cuore illuminato ( nûriyya ), e poi la qualifica più diffusa derivante dalla rinuncia ai beni terreni e a tutti i desideri: i poveri, i fuqarâ in arabo, darvîsh in persiano, parole poi tradotte dai fachiri e dervisci.

Ansari ( mistico persiano dell’XI secolo )

Se non sai camminare sull'acqua,
non puoi dirti superiore al fuscello.
Se non sai volare nell' aria,
non puoi dirti superiore a una mosca.
Conquista, allora,
il tuo cuore
perchètu possa diventare qualcuno

Il Sufismo ( I Cinque Pilastri )

All’inizio della cerimonia della danza cosmica in uso tra i dervisci ruotanti, i danzatori compiono tradizionalmente il giro della pista tre volte, accompagnati da una musica lenta e solenne.
I tre giri simboleggiano l’ integrazione progressiva dell’ uomo con Dio, tramite la via della conoscenza, della visione e dell’ unione. Simboleggiano anche, a un altro livello, come siano stretti i legami tra la rivelazione del Corano, la via sufica (tarîqa ) e la realtà finale che si cerca. Alla fine del terzo giro i dervisci si tolgono il mantello nero e , vestiti di bianco, si mettono a volteggiare lentamente attorno ad un centro per rappresentare la legge dell’ universo e dei pianeti che girano intorno al sole, questa forma di meditazione-trance la si può equiparare a quelle orientali, che sono volte alla consapevolezza della “ centratura “.

Rûmî ( l’ iniziatore della confraternita dei dervisci ) e altri maestri insistono sull’ importanza della Legge esteriore del Corano e degli obblighi che essa contiene.
Scrive Rûmî nel suo Mathnawî: “ La Legge rivelata è come una candela che illumina il cammino. Finchè non
prendi la candela non puoi viaggiare “.
Ali Kattânî dice: “ Le opere sono gli indumenti della classe dei servi; Allah li toglie a colui che Egli allontana da
Sé……e li assegna a colui che Egli ha avvicinato a Sé “.

Infatti tutta la dottrina sufica è contenuta nella professione di fede del Corano. I maestri si sono impegnati soprattutto a sviluppare poi metodi per riconoscere in sé la presenza della realtà di Allah.
Quanto alla Legge, che ha nel Corano la sua base essenziale, insieme con la Sunna ( vedere nota 1), essa decreta un certo numero di regole di condotta che i sufi, come tutti i musulmani, devono osservare.
Tra le regole, cinque sono fondamentali e obbligatorie; esse sono i cinque pilastri:

- L’ affermazione dell’ Unità divina e il riconoscimento del suo “ inviato “, del suo messaggero, il profeta
Maometto

- Le cinque preghiere rituali quotidiane

- Il digiuno purificatore del Ramadâm

- Il pellegrinaggio alla Mecca

- La decima destinata al povero


E’ detto che l’ uomo non può in nessun momento sottrarsi a regole esteriori: persino il più giusto ed il più santo, colui che abbia raggiunto il più alto grado, la posizione più nobile, deve continuare a rispettarle.
Per i sufi che hanno superato tutte le barriere questi obblighi sono talmente evidenti e la loro pratica tanto naturale che non costituiscono più un vero sforzo, ma l’ adepto non deve dimenticare mai che l’ osservanza della Legge e la ricerca della Verità sono un’ unica realtà di cui formano due aspetti complementari, interiore ed esteriore.

Citazione di un antichissimo trattato: “ una regola non animata dallo spirito della Realtà è priva di valore, come ogni spirito della Realtà non strutturato dalla Legge è incompleto “.

Entrambi si uniscono in un punto centrale: la Legge esiste affinché si obbedisca a ciò che Allah ha prescritto, mentre la Realtà esiste affinché si comprenda il suo comandamento.

Il sufismo è quindi inseparabile dalla Legge, anche perché trae origine dal primo pilastro. Ma questo è duplice, e accanto all’ affermazione di Allah come entità singola e universale prescrive il riconoscimento del suo messaggero. Così l’ adepto non solo non smetterà mai do “immergersi nei vestiti del Corano”, secondo la formula consacrata, in quanto rappresentano per lui “ segni miracolosi “ indicanti il cammino verso Allah – la maggioranza delle Sure ha una lettura detta “ aperta “, accessibile a tutti, e una lettura secreta che solo i sufi possono comprendere – ma cercherà di imitare il Profeta in tutte le cose.
Maometto è l’ anima del Corano: a lui si è rivelato Allah. Ma per i sufi egli rappresenta in più la natura di Allah manifestata e l’ ideale dell’ uomo perfetto, essendo stato il primo che abbia saputo discernere l’ Uno eterno e infinito e che si sia identificato in lui.
Mentre gli altri profeti ( Abramo, Mosè, Gesù ) sono considerati soprattutto dei rappresentanti di Allah sulla terra, mandati a diffondere il messaggio del verbo di Allah – Maometto mette in evidenza l’ unità di Colui che rende illusorie nel mondo la molteplicità delle apparenze e l’ alterità dei suoi servi –
Ogni messaggio dell’ ultimo dei profeti sostiene in fondo l’ alternazione dell’ uno, solo reale nel mezzo delle sue molteplici manifestazioni; tutto ciò che ha fatto è riassunto nella “ unione suprema “ di cui è simbolo.
Quindi il Corano può essere interpretato ( secondo il punto di vista su fico ) come strumento di discernimento ( al furgân ), e tutti gli adepti del sufismo avranno il duplice obiettivo di distinguere l’ assoluto dal relativo, onde “ essere come un viandante in questo mondo “, per citare le parole di Maometto:
“ Io sono Lui stesso ed Egli è me stesso, con questa eccezione che io sono quel che sono, ed Egli è quel che è “.

Nota 1La Sunna rappresenta la legge della tradizione orale ed è complementare alla legge del Corano. Per rispondere ai problemi irrisolti del testo cranico si riconosce un certo numero di tradizioni ( hadîth ) su “ fatti e gesta “ del Profeta e dei suoi discepoli più vicini. Questi costituirono in maniera di agire “ tipica “ che servì di base alla pratica e alla teoria dell’ ortodossia musulamana: la Sunna.