All’inizio della cerimonia della danza cosmica in uso tra i dervisci ruotanti, i danzatori compiono tradizionalmente il giro della pista tre volte, accompagnati da una musica lenta e solenne.
I tre giri simboleggiano l’ integrazione progressiva dell’ uomo con Dio, tramite la via della conoscenza, della visione e dell’ unione. Simboleggiano anche, a un altro livello, come siano stretti i legami tra la rivelazione del Corano, la via sufica (tarîqa ) e la realtà finale che si cerca. Alla fine del terzo giro i dervisci si tolgono il mantello nero e , vestiti di bianco, si mettono a volteggiare lentamente attorno ad un centro per rappresentare la legge dell’ universo e dei pianeti che girano intorno al sole, questa forma di meditazione-trance la si può equiparare a quelle orientali, che sono volte alla consapevolezza della “ centratura “.
Rûmî ( l’ iniziatore della confraternita dei dervisci ) e altri maestri insistono sull’ importanza della Legge esteriore del Corano e degli obblighi che essa contiene.
Scrive Rûmî nel suo Mathnawî: “ La Legge rivelata è come una candela che illumina il cammino. Finchè non
prendi la candela non puoi viaggiare “.
Ali Kattânî dice: “ Le opere sono gli indumenti della classe dei servi; Allah li toglie a colui che Egli allontana da
Sé……e li assegna a colui che Egli ha avvicinato a Sé “.
Infatti tutta la dottrina sufica è contenuta nella professione di fede del Corano. I maestri si sono impegnati soprattutto a sviluppare poi metodi per riconoscere in sé la presenza della realtà di Allah.
Quanto alla Legge, che ha nel Corano la sua base essenziale, insieme con la Sunna ( vedere nota 1), essa decreta un certo numero di regole di condotta che i sufi, come tutti i musulmani, devono osservare.
Tra le regole, cinque sono fondamentali e obbligatorie; esse sono i cinque pilastri:
- L’ affermazione dell’ Unità divina e il riconoscimento del suo “ inviato “, del suo messaggero, il profeta
Maometto
- Le cinque preghiere rituali quotidiane
- Il digiuno purificatore del Ramadâm
- Il pellegrinaggio alla Mecca
- La decima destinata al povero
E’ detto che l’ uomo non può in nessun momento sottrarsi a regole esteriori: persino il più giusto ed il più santo, colui che abbia raggiunto il più alto grado, la posizione più nobile, deve continuare a rispettarle.
Per i sufi che hanno superato tutte le barriere questi obblighi sono talmente evidenti e la loro pratica tanto naturale che non costituiscono più un vero sforzo, ma l’ adepto non deve dimenticare mai che l’ osservanza della Legge e la ricerca della Verità sono un’ unica realtà di cui formano due aspetti complementari, interiore ed esteriore.
Citazione di un antichissimo trattato: “ una regola non animata dallo spirito della Realtà è priva di valore, come ogni spirito della Realtà non strutturato dalla Legge è incompleto “.
Entrambi si uniscono in un punto centrale: la Legge esiste affinché si obbedisca a ciò che Allah ha prescritto, mentre la Realtà esiste affinché si comprenda il suo comandamento.
Il sufismo è quindi inseparabile dalla Legge, anche perché trae origine dal primo pilastro. Ma questo è duplice, e accanto all’ affermazione di Allah come entità singola e universale prescrive il riconoscimento del suo messaggero. Così l’ adepto non solo non smetterà mai do “immergersi nei vestiti del Corano”, secondo la formula consacrata, in quanto rappresentano per lui “ segni miracolosi “ indicanti il cammino verso Allah – la maggioranza delle Sure ha una lettura detta “ aperta “, accessibile a tutti, e una lettura secreta che solo i sufi possono comprendere – ma cercherà di imitare il Profeta in tutte le cose.
Maometto è l’ anima del Corano: a lui si è rivelato Allah. Ma per i sufi egli rappresenta in più la natura di Allah manifestata e l’ ideale dell’ uomo perfetto, essendo stato il primo che abbia saputo discernere l’ Uno eterno e infinito e che si sia identificato in lui.
Mentre gli altri profeti ( Abramo, Mosè, Gesù ) sono considerati soprattutto dei rappresentanti di Allah sulla terra, mandati a diffondere il messaggio del verbo di Allah – Maometto mette in evidenza l’ unità di Colui che rende illusorie nel mondo la molteplicità delle apparenze e l’ alterità dei suoi servi –
Ogni messaggio dell’ ultimo dei profeti sostiene in fondo l’ alternazione dell’ uno, solo reale nel mezzo delle sue molteplici manifestazioni; tutto ciò che ha fatto è riassunto nella “ unione suprema “ di cui è simbolo.
Quindi il Corano può essere interpretato ( secondo il punto di vista su fico ) come strumento di discernimento ( al furgân ), e tutti gli adepti del sufismo avranno il duplice obiettivo di distinguere l’ assoluto dal relativo, onde “ essere come un viandante in questo mondo “, per citare le parole di Maometto:
“ Io sono Lui stesso ed Egli è me stesso, con questa eccezione che io sono quel che sono, ed Egli è quel che è “.
Nota 1La Sunna rappresenta la legge della tradizione orale ed è complementare alla legge del Corano. Per rispondere ai problemi irrisolti del testo cranico si riconosce un certo numero di tradizioni ( hadîth ) su “ fatti e gesta “ del Profeta e dei suoi discepoli più vicini. Questi costituirono in maniera di agire “ tipica “ che servì di base alla pratica e alla teoria dell’ ortodossia musulamana: la Sunna.