mercoledì 24 gennaio 2007

Il Sufismo ( L’ Affermazione dell’ Unità - Al-Tawhîd: Perché esiste il Velo che separa l' Anima dalla Luce )


“ Se non vi fosse la tenebrosa oscurità del mondo mistico apparirebbe sicuramente in tutta chiarezza la luce del mistero divino. Se no vi fosse la tentazione seduttrice dell’ evidente concupiscenza, sicuramente il velo si solleverebbe. Se non vi fossero gli affetti terreni è certo che le realtà spirituali si rivelerebbero. Se non vi fossero le cause create, la divina onnipresenza risplenderebbe in piena luce. Se non vi fosse lo sforzo è certo che la gnosi sarebbe pura e luminosa.
Se non vi fosse l’ avidità del desiderio è certo che l’ amore divino attecchirebbe bene nell’ anima. Se non si avessero affetti terreni è certo che l’ amore appassionato di Dio consumerebbe gli spiriti. Se non vi fosse colpa da parte del servo, è certo che il Signore sarebbe completato. Cosi quando i veli cadono per l’ interruzione delle cause occasionali e gli ostacoli sono abbattuti dal taglio degli effetti terreni, avviene ciò che ha già detto il poeta ( Ibn al-Arîf: Mahassin al-majâlis):

“ Ti è stato rivelato un segreto che a lungo ti era stato celato; una aurora ha brillato mentre tu eri oscurità. “

“ Tu sei in realtà il velo che nasconde al tuo cuore il segreto del suo mistero, perché, senza di te il tuo sigillo non s’ imprimerebbe sul tuo cuore, esso vi si insedia e le sue tende si innalzano sulla sommità della santa rivelazione. “

“ E’ a luogo un divino colloquio il cui ascolto non annoia mai e la cui prosa e i cui versi diventano per noi desiderabili. “

L’ uomo perfetto e universale

Secondo l’ interpretazione della rivelazione fatta dai sufi, il mondo sensibile creato è costituito da un insieme di veli che mascherano il mondo reale infinito. Per i “ cercatori di verità “ questi veli coprono l’ oggetto della loro ricerca – come abbiamo appena visto nel testo di Ibn al-Arîf – e possono suddividersi in due categorie:

I Veli Oscuri

Sono i veli delle cattive inclinazioni come la tentazione, la collera e i desideri. Il cercatore solleva questi veli con la pratica delle virtù tradizionali.

I Veli Chiari

Sono la castità, una accentuata umiltà e in generale la ricerca eccessiva delle qualità che tanto preoccupano il cercatore da fargli dimenticare il vero fine della sua ricerca. Il cercatore deve anche allontanarsene e avere come scopo l’ unità dell’ Essere.

Questi veli sono i primi ostacoli che l’ uomo deve superare. Quando si riesce a raggiungere la “ santità inferiore “ e da li sale progressivamente fino alle tre gradazioni dell’ unione; dopo gli viene riconosciuta la “ santità superiore “ e la perfezione che fu del primo uomo.

La dottrina dell’ unità dell’ Essere e quella dell’ uomo perfetto hanno entrambe origine dal racconto della creazione. Secondo il Corano e l’ ermeneutica sufica, con la Creazione Dio ha voluto manifestarsi a Se stesso. Il Profeta riporta la parola di Allâh: “Ero un tesoro nascosto, volli farmi conoscere e ho creato il mondo “ .
Ha voluto vedere le essenze dei suoi nomi molto perfetti – cioè la sua essenza – in un oggetto globale che, essendo dotato di esistenza, riassume tutto l’ ordine divino. Lo ha voluto per manifestare se stesso il suo mistero. Dapprima ha creato il mondo come una cosa amorfa e priva di spirito, “ simile a uno specchio non ancora smerigliato “.
Poi ha fatto l’ uomo affinché fosse al tempo stesso suo rappresentante e specchio perfetto nel quale potesse contemplare i suoi nomi.
Nel capitolo 95 del Corano si legge che l’ uomo è stato creato nelle più stupende proporzioni ( ahsan taqwîm ), ma che dopo egli è precipitato al più basso livello della scala ( asfal sâfilîn ). E allora apparvero i veli che gli hanno nascosto il mondo divino e la sua vera natura.

L’ espressione ahsan taqwîm non implica soltanto che l’ uomo è il fine supremo della creazione ma che egli riunisce in se tutte le verità essenziali dell’ universo. Dio l’ ha concepito cosi, come sintesi di tutte le altre nature create, come sua stessa “ forma “ interiore.
Ibn Arabî enuncia che l’ uomo sta a Dio come pupilla all’ occhio, perché suo tramite contempla la propria creazione e gli dispensa la sua misericordia: “ Tale è l’ uomo “, dice, “ ora effimero ora eterno, essere creato perpetuo e immortale, Verbo discriminante e unificante. Con la sua esistenza il mondo fu completo “.

All’ inizio del secolo scorso Silvestre de Sacy notava a proposito di questa concezione dell’ uomo come Logos: “ L’ uomo Perfetto è il ricongiungimento di tutti i mondi divini e naturali, universali e parziali. E’ il libro nel quale sino riuniti tutti i libri divini e naturali. Dato il suo spirito e il suo intelletto è un libro ragionevole chiamato la Madre del Libro, termine cranico indicante il prototipo celeste dei libri rivelati, il Verbo e lo Spirito divini che Jorjanî identifica con l’ intelligenza originaria. Considerando il suo cuore, è il libro della Tavoletta ben custodita. A livello della sua anima, è il libro delle cose cancellate e delle cose scritte: è fatto di foglietti venerabili, elevati, puri che non vanno toccati e i cui misteri non possono essere compresi altro che da coloro i quali sono purificati dai veli tenebrosi “. (Citato da E. Dermenghen in L’ Eloge du Vin )

Per i musulmani, come per i cristiani e gli ebrei, l’ uomo cadde successivamente dalla sua perfezione; precipitò nella condizione puramente terrestre e umana ( quella che il Corano chiama il più basso livello della scala: asfal sâfilîn ) dove trova l’ illusione della dualità.

Ora questa decadenza è, alla fine, cioè che dà il senso pieno alla ricerca mistica: l’ uomo è caduto in uno stato di separazione da Dio, la sua anima è staccata dall’ anima universale, ma se è diventato un essere succubo di passioni e desideri, immemore della sua origine, porta pur sempre in sé l’ immagine della perfezione.
Per i sufi solo questo conta. Lo stato paradisiaco nel quale di trovava non è irrimediabilmente perduto; in lui sussiste l’ intuizione dell’ unità divina e tramite la rivelazione della grazia può e deve ritrovare il suo stato anteriore identificandosi con l’ archetipo dell’ uomo universale che porta in sé.
Perciò, come abbiamo detto, il ruolo essenziale del sufismo è quello di ricordare all’ uomo ciò che egli era, di risvegliare la sua vera natura e di permettergli di viaggiare dal mondo finito all’ infinitudine.
“ L’ anima è una cosa immensa “, diceva un secolo fa lo sceicco al-Darqâwî; “ essa è tutto il cosmo perché ne è la copia. Tutto quanto è nel cosmo si ritrova anche nell’ anima, e parimenti tutto quanto è nell’ anima si trova nel cosmo “.
Passando dallo stato asfal sâfilîn a quello ahsan taqwîm, l’ uomo si libera dei veli che schermano la sua visione e torna nella sua condizione di unità perfetta con il cosmo e il suo prototipo divino. Come avviene questo passaggio? Quali itinerari segue? Qui sta l’ oggetto della realizzazione spirituale e del metodo.







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